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Capitolo 29 dei promessi sposi – analisi riassuntiva – appunti

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Analisi capitolo 28 promessi sposi appunti riassunti

Nel capitolo 29 dei promessi sposi si ha un grande evento che però non viene descritto realmente: la calata dei Lanzichenecchi. Diciamo che non è descritto realmente in quanto Manzoni per sua scelta decide di far vedere i gradi eventi secondo la prospettiva dei personaggi. Abbiamo un effetto: una voluta svalorizzazione dell’evento bellico. Prima le guerre facevano pienamente parte della situazione narrativa: la battaglia era importante per descrivere il personaggio e quello che faceva. Si pone il lettore davanti a uno scenario consueto, però questo permette di inserire un personaggio inconsueto. Qui dobbiamo capire quello che non c’è, quello che lo scrittore poteva mettere ma non l’ha fatto. La guerra è qualcosa che attira. Qui l’ottica è spostata su un personaggio antieroico: Don Abbondio. Avrebbe potuto mettere altro, rappresentare i Lanzichenecchi e le violenze. Il punto di vista è quello che colui che solamente sentendo questo racconto viene preso dal panico. Anche qui Perpetua ha una funzione positiva: riporta il personaggio a posizioni di buon senso, ma anche qui non fino in fondo, non riesce a determinare in lui una situazione di scelta. E’ un personaggio positivo come sostegno morale, come sfogo, ma non è in grado di farlo decidere. Qui Don Abbondio, è un non- personaggio: vediamo in lui idealizzati personaggi che avranno successo (personaggi inetti nei romanzi del ‘900). Colpisce l’insistenza sul dimostrare la sua incapacità, incertezza, debolezza, per marchiare il personaggio che viene screditato. E’ un personaggio segnato dal bollino del ridicolo. Nel caso manzoniano dobbiamo pensare che sia un prototipo della povera gente: è ridicolo perchè viene meno a quello che ci aspettiamo da lui (se le sue azioni fossero state fatte da un altro personaggio non saremmo sorpresi, ma lui è colto, e ha una missione da svolgere: preoccuparsi dei suoi parrocchiani).
Arriva Agnese che ha un’idea giusta: quelli che potevano scappare si dovevano allontanare dal percorso dell’esercito (arrivavano scaglionati e potevano fare delle digressioni ma non troppe, perchè avevano un percorso). Agnese ha l’idea di rifugiarsi dall’Innominato perchè occupa una valle e ha un castello. Dona Abbondio chiede consiglio a Perpetua che da ragione ad Agnese. C’è un capovolgimento: Don Abbondio vuole che i suoi parrocchiani si occupino di lui. Prima si dice che hanno seppellito i loro soldi.
Abbiamo l’idea di una valutazione di parte: Don Abbondio riporta i grandi problemi. A noi  lettori questo punto di vista risulta straniante: l’evento storico viene deformato perchè è visto da un’ottica diversa di una personaggio umile che per la sia psicologia è incapace. Da parte dello scrittore c’è una volontà che arrivi al lettore cosi la sua paura si rivela anche a ricorsa a Perpetua quello che doveva fare.
Nel percorso sono sulla stessa strada che porta al parsa dove abita il sarto e pensano di soffermarsi sicuri di essere accolti da questa famiglia positiva (come sarà poi la famiglia di Renzo e Lucia). Manzoni da molto più rilievo alla peste: è il male che si abbatte si tutti. Dove c’è lo scontro di potere e dove ci sono gli interessi (guerra), per quanto riguarda il sarto, troviamo le doti delle persone ma la donna non ha le dori di Lucia e il sarto è onesto ma più colti di Renzo, ma questa sua qualità superiore non è vista in modo positivo perchè lo scrittore guarda in che modo viene usata. Qui il sarto può, avendo di fronte il curato, dar vedere quello che sa. Il sarto usa termini desueti. Mentre mangiano parlano della conversione e Don Abbondio da domande e il sarto si mette a raccontare. Il sarto arriva al punto di offrire dei libri, siccome nel castello staranno molto, ma Dona Abbondio dice che deve già leggere abbastanza e rifiuta l’offerta. Poi abbiamo una lunga pagina a cui lo scrittore da importanza: il viaggio verso il castello dell’Innominato fa venire in mente a Don Abbondio quando ci era già passato. L’abilità sta nel fatto che da un lato si ha interesse in una figura bassa come Don Abbondio perchè la società è più come lui, dall’altro lato questo che riporta a parlare dell’Innominato comporta lo scrittore ad aggiungere qualcosa su di esso. L’avevano visto in un’altra situazione, lo scrittore dice che passato il primo momento l’Innominato aveva esercitato un dominio nella sua valle ma molto diverso da prima: prima usciva dalla valle che era il luogo infernale mentre ora non lo è più. Questo non ha impoverito la fama del personaggio, è sempre una personalità di alto livello, un’ imponenza fisica a cui si aggiunge una di tipo spirituale. I nemici dell’Innominato non si vendicano di lui, il potere ora che può non lo mette sotto processo: il potente è sempre protetto. E’ un personaggio così alto paragonabile solo al cardinale, che è lasciato in pace, nessuno osa fargli niente. Alcuni se la prendono col cardinale piuttosto che on l’Innominato perchè lui aveva assolto l’Innominato, era in una posizione di difesa.
Quando viene la calata solo un episodio è raccontato:
-per far capire il disinteresse dello scrittore
-in funzione della grandezza dell’Innominato perchè si sa che un gruppo di Lanzichenecchi è restato e l’Innominato organizza i suoi bravi, li arma e li porta a fare una presa di possesso dei luoghi principali, in modo che tutti se ne andassero. E’ importante perchè di tutto questo evento il Manzoni descrive solo un piccolo episodio, dall’altra parte mostra come quel personaggio abbia delle doti da comandante. Importante è anche il fatto che si mette in scena tutto quello che identifica il personaggio con l’arma che porta. Il comandante capo che in genere è il più protetto qui non prende le armi. Quando viene descritto il rastrellamento lui è alla testa.


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