Il 2 luglio scorso il Parlamento italiano ha approvato la legge delega per il recepimento della direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), che introduce in tutti i paesi europei regole comuni per agire in fase preventiva e gestire le crisi bancarie e delle società di investimento.
In seguito all’ entrata in vigore di questa direttiva, le autorità di risoluzione dovranno preparare piani di individuazione delle strategie e delle azioni da porre in essere nel caso in cui si manifestino delle crisi; a tal fine potranno intervenire per creare le condizioni che facilitino l’applicazione degli strumenti di risoluzione. L’ obiettivo è di migliorare la resolvability delle singole banche.
La crisi finanziaria esplosa nel 2008 ha dimostrato che i sistemi europei di gestione delle crisi non erano adeguati, e per evitare che le crisi di singoli istituti causassero l’ affossamento dell’ intero sistema finanziario sono stati necessari pesanti interventi pubblici. Inoltre è emersa la difficoltà nel coordinamento degli interventi delle singole autorità nazionali, nella gestione delle difficoltà di istituti finanziari operanti in diversi Paesi. Con l’ entrata in funzione della BRRD, invece, le banche in difficoltà verranno sottoposte a risoluzione: verrà quindi avviato un processo di ristrutturazione, governato da autorità indipendenti (le autorità di risoluzione), con lo scopo di evitare interruzioni nell’ erogazione di servizi essenziali, ripristinare le essenziali condizioni di sostenibilità, ed eventualmente liquidare le parti restanti.
L’ unica alternativa alla risoluzione per le banche italiane sarà la liquidazione coatta amministrativa, disciplinata dal Testo Unico Bancario.
La risoluzione scatterà in presenza dei seguenti requisiti:
- banca in situazione di dissesto o a rischio dissesto;
- ragionevole probabilità che il dissesto non possa essere evitato con aumenti di capitale o altre alternative da parte della vigilanza;
- se la banca fosse sottoposta a liquidazione ordinaria la stabilità sistemica potrebbe non essere salvaguardata
Un’ importante novità è data dalla possibilità, per le autorità, di ricorrere al BAIL-IN (salvataggio interno): con tale strumento potrà essere disposta la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti, o in alternativa la conversione di questi ultimi in azioni. Per salvaguardare azionisti e creditori, è stato disposto che in nessun caso le perdite da essi subite potranno essere maggiori di quelle cui andrebbero incontro in caso di liquidazione ordinaria della banca. Questo meccanismo dovrebbe servire a ricapitalizzare la banca e assorbire le perdite, garantendo la fiducia del mercato.
Possono essere sottoposte a bail-in tutte le passività che non rientrano nelle seguenti categorie:
- depositi bancari protetti dal sistema di garanzia (fino a 100.000 euro);
- passività garantite, inclusi i covered bonds e altri strumenti garantiti;
- passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria (contenuto delle cassette di sicurezza…);
- passività interbancarie (ad esclusione dei rapporti infragruppo) con durata originaria inferiore a 7 giorni;
- passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni;
- debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali se privilegiati dalla normativa fallimentare.
Il bail-in entrerà in vigore in Italia col nuovo anno, a eccezione della parte relativa alla svalutazione o la conversione delle azioni e dei crediti subordinati, fra cui gli strumenti di capitale, che sarà applicabile già da quest’anno, nel caso in cui sia necessaria per evitare un dissesto.