Jeanne de Navarre, nipote per matrimonio di Saint Louis e moglie di Filippo IV la Fiera, chiese a Jean de Joinville (1224 – 24 dicembre 1317) di scrivere la vita del santo re. Joinville quindi iniziò a scrivere il “libro sulle parole sante e le buone azioni del santo Re Luigi” (o meglio il titolo francese è “livre des saintes paroles et des bons faiz de nostre saint roy Looÿs”, come lui stesso lo chiama), oggi designato come “La Vita di San Luigi”. Purtroppo però Jeanne de Navarre morì il 2 aprile 1305, mentre la stesura del libro non erano ancora finita. Joinville lo dedicò quindi nel 1309 al figlio, Louis le Hutin, re di Navarra e Conte di Champagne, futuro re Luigi X.
Ma cosa c’è di diverso nel libro di Jean de Joinville rispetto al resto delle opere prodotte nel medioevo? L’opera di Joinville è particolare perché Joinville è un cavaliere. Non è né un chierico intelligente nello scrivere libri, né un cronista addestrato alla ricerca di informazioni scritte o orali. Tuttavia, il suo approccio è sincero e disinteressato. Joinville riferisce in particolare ciò che sapeva personalmente del regno di Luigi IX, essenzialmente quindi scrive della crociata in Egitto e del soggiorno in Terra Santa. La sua storia è piena di vita, aneddoti e persino umorismo. È più una testimonianza personale del re che una storia del regno.
La freschezza e l’accuratezza dei suoi ricordi impressionano, soprattutto quando si tiene presente che ha scritto la sua storia diverse decine di anni dopo i fatti; alcuni medievalisti hanno spiegato questo ipotizzando che Joinville abbia spesso raccontato il suo passato e il suo rapaporto con Luigi IX o che lo abbia registrato per iscritto.
Joinville ad ogni modo parla quasi tanto di se stesso quanto del re, che in teoria è il vero soggetto del suo libro, ma lo fa in un modo così naturale che non dà mai l’impressione di voler mettersi in avanti. Abbiamo così una luce incomparabile sul modo di pensare dell’uomo del tredicesimo secolo. Per questo motivo, i redattori moderni hanno talvolta esitato a designare il suo lavoro come le sue memorie piuttosto che come “Il libro sulle parole sante e le buone azioni del santo Re Luigi”.
La prima parte del lavoro di Joinville è dedicata alle sante parole del re. Joinville riporta quindi le osservazioni edificanti del re e le sue virtù cristiane.
Una statua dedicata a Jean de JoinvilleLe parole sono molto importanti per Luigi IX, il re santo: la sua parola è morale e didattica, come anche accade per i predicatori (domenicani e francescani) di cui si circonda; il re trasmette un’educazione morale e religiosa ed i suoi discorsi sono spesso finalizzati a fortificare la fede dell’interlocutore. C’era una profonda intimità tra il re e i suoi parenti (familiari, confidenti, consiglieri, tra cui Joinville stesso e Robert de Sorbon) che veniva fuori particolarmente nelle conversazioni: il re invitava i suoi interlocutori a rispondere alle sue domande, spesso allo scopo di istruirli a livello morale e religioso. Questa importanza della parola è particolarmente ben riportata da Joinville; il suo è uno dei primi memoriali a integrare il dialogo ricostituito in una narrativa. Usa lo stile diretto molto spesso e segna gli interventi dei personaggi con annunci come “dice” o “ha detto”. Joinville non fa mai fare lunghi discorsi monologizzati ai suoi personaggi: le lezioni del re si presentano sempre dal dialogo.
D’altra parte, è attraverso le parole del re che emerge la sua profonda fede e santità. Per Joinville, Luigi IX incarnava l’ideale del “prud’homme”, allo stesso tempo devoto, coraggioso, buono, intelligente e saggio, un uomo che difende la fede cristiana con il suo coraggio. E infatti, nel lavoro di Joinville, emerge l’immagine di un re che ama ardentemente il suo Dio, benevolo per il suo popolo, umile, moderato e cortese, saggio e giusto, pacifico, leale e generoso. Per certi aspetti, Joinville a volte non è lontano dall’agiografia.
Joinville, come il suo re, era ovviamente molto legato alla religione cristiana, alle sue dottrine, alla sua morale e alle sue pratiche. La prova di ciò è una piccola opera di edificazione che compose nel 1250, intitolata “li romans as ymages des poinz de nostre foi”, dove Joinville fa un breve commento sul Credo. Ma la sua fede profonda e sincera contrasta con l’eroismo cristiano quasi esaltato del re. Il cristianesimo di Joinville è più terra terra, più vicino a quello dei comuni mortali.
Joinville racconta anche le azioni vere e proprie, le gesta del re santo Luigi IX, in particolare lo svolgersi della settima crociata e il soggiorno in Terra Santa che ne seguì, che ovviamente occupa gran parte del suo libro.
Se Joinville non lavora come storico, è comunque abbastanza sincero. Quando deve menzionare fatti a cui non ha assistito, esprime riserve su ciò che riferisce per sentito dire e riporta sempre i “prestiti” che prende da altri cronisti.
Detto questo, ci si può chiedere se la presentazione generale dei fatti non sia condizionata dalla propria personalità, dalle sue concezioni e dalla sua ammirazione personale per il re; forse la sua nobile posizione e la sfiducia nel governo di Filippo il Bello avrebbe potuto indurlo a dare un esempio del modo in cui il governo di Luigi IX possa costituire un’immagine vicina a quella del sovrano ideale. Eppure il suo libro non è affatto un insegnamento organizzato, che considera le varie qualità e i vari doveri del sovrano. Comincia infatti dalla persona del re, l’oggetto del suo libro, ed esprime chiaramente che i successori del re farebbero bene a seguirne l’esempio, ma non va oltre: Joinville non scrive un’opera morale.
Per leggere il libro di Jean de Joinville in italianon puoi cliccare qui; per ascoltare invece alcuni estratti interessanti e una spiegazione molto avvincente puoi guardare il video del professor Alessandro Barbero; incorporato qui sotto da Youtube.