“Citra Placentiam in collibus oppidum est Valeiatium” sulle colline di qua da Piacenza vi è la città dei veleiati” (Plinio, Nat Hist. VII 163)
Nota alle fonti antiche, della città romana di Veleia e del luogo ove sorgeva si era persa, nei secoli, memoria.
Solo il caso volle che, nel 1747, Giuseppe Rapaccioli, Arciprete della Pieve di S.Antonino in località Macinesso, trovasse, ad ovest della chiesa, i frammenti di S.Antonino in località Macinesso, trovasse, ad ovest della chiesa, frammenti di una grande tavola di bronzo iscritta. Ignorando il valore dell’iscrizione e nell’intento di ricavarne una buona somma di denaro, i frammenti di bronzo furono venduti, com’era usanza dell’epoca, a divere fonderie della zona. La tavola sarebbe andata, pertanto, inesorabilmente perduta (e probabilmente fusa, secondo le notizie del tempo campana) se un frammento non fosse stato rinvenuto fortuitamente in mano a uno studioso dell’epoca, il conte Roncovero, che, riconosciutane l’antichità, propose al conte Antonio Costa, Canonico della cattedrale di Piacenza, di acquistare insieme i pezzi diversi.
Due anni dopo, gli studiosi Lodovico Muratori e Scipione Maffei pubblicarono, separatamente, l’iscrizione, riconoscendovi la “Tabula Alimentaria traianea”, contentente le disposizioni del prestito fondiario ipotecario voluto da Nerva e Traiano, i cui interessi venivano devoluti per il sostentamento dei fanciulli indigenti della città.
Il Muratori intuì anche, dalla lettura della “Tabula”, che il sito della scoperta, nonchè luogo beneficiato dal prestito ipotecario, doveva corrispondere a quello ove sorgeva l’antica città di Valeia.