
Per i greci l’amicizia era di grandissima importanza e spesso se ne ha testimonianza nella letteratura anche se non tramite vere e proprie poesie greche dedicate all’amicizia.
Sicuramente un primo esempio di grande amicizia nella letteratura greca è quello di Achille e Patroclo, amici legati saldamente sino alla fine della propria vita.
Una testimonianza si ha in un precetto greco dell’eta arcaica:
Zeus mi conceda di ripagare gli amici che mi vogliono bene (tw=n… fi/lwn… oi3 me fileu=sin),
Cirno, e di avere la meglio sui miei nemici.
Avrei l’impressione di essere un dio in mezzo agli uomini,
se la morte mi cogliesse con i conti in regola.
Euripide parla dell’amicizia nella sua opera “Medea”, di sotto citiamo un suo estratto:
Non la città, non uno degli amici
ti compiangerà mentre subisci
la più spaventosa delle sciagure.
Muoia miseramente colui che ammette
di non onorare i propri cari dopo averne dischiuso 660
il puro serrame del cuore: a me
mai sarà caro.
Questa “poesia greca sull’amicizia” proviene da un estratto del coro di “Medea”.
Un altra fonte greca dove leggere in proposito dell’amicizia è il Liside, scritto da Platone.
Il Liside (in greco Λύσις) non è fra i più noti dialoghi di Platone, ma è probabilmente l’unico in cui viene messo in luce il concetto platonico di amicizia. In esso il filosofo, attraverso le parole del maestro Socrate, svolge una peculiare e cavillosa indagine per comprendere chi possa essere considerato amico e chi no, anche in base ad ipotesi formulate precedentemente da altri filosofi (sebbene non esplicitamente menzionati).
Aristotele invece riguardo all’amicizia si esprime nel seguente modo:
“Non c’è amicizia salda senza fiducia: e non c’è fiducia senza far passare un certo tempo.”
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