
Il popolo Ainu aveva vari tipi di matrimonio. Il modello base era quello in cui il bambino era promesso in matrimonio per accordo tra i suoi genitori e i genitori della sua promessa sposa o di un intermediario. Solo quando gli sposi raggiungevano l’età del matrimonio veniva loro detto chi doveva essere il loro coniuge. Questo non significa che tutti i matrimoni della tradizione Ainu fossero così: c’erano anche matrimoni basati sul mutuo consenso di entrambi i sessi. In alcune zone, quando una figlia raggiungeva l’età da marito, i suoi genitori la lasciavano vivere in una piccola stanza chiamata “tunpu” annessa al muro meridionale della loro casa. I genitori sceglievano il suo sposo prendendo come base agli uomini che andavano a visitarla.
L’età del matrimonio nella tradizione Ainu era dai 17 ai 18 anni per gli uomini e dai 15 ai 16 anni per le donne, che spesso erano tatuate. A queste età, entrambi i sessi erano considerati adulti.

Quando un uomo voleva “proporsi” per il matrimonio con una una donna, di solito visitava la sua casa, mangiava mezza ciotola piena di riso che gli veniva consegnata e ne restituiva il resto. Se la donna mangiava il resto questo significava che aveva accettato la sua proposta. Se non lo faceva e invece riponeva la ciotola accanto a lei, significava che aveva respinto la proposta dell’uomo.
Quando un uomo Ainu si fidanzava con una donna o veniva a conoscenza di chi fosse la sua promessa sposa, portava spesso dei doni. Esempi di doni erano un piccolo coltello inciso, scatole, corde e altri regali. A volte venivano inviati vestiti ricamati, coperte e altri vestiti fatti a mano.

Il tessuto logoro di vecchi indumenti era usato per i vestiti del bambino perché un panno morbido era buono per la pelle dei bambini e il materiale logoro proteggeva i bambini dalle divinità della malattia e dei demoni a causa dell’orrore di questi dei per le cose sporche. I bambini venivano cresciuti quasi nudi fino ai quattro o cinque anni. Anche quando indossavano vestiti di solito non indossavano cinture e lasciavano aperta la parte anteriore dei loro vestiti. Solo successivamente, come segno di passaggio da un’età all’altra avrebbero indossato vestiti completi.
I bambini appena nati venivano chiamati ayay (bambino che piange), shipo, poyshi (piccoli escrementi) e shion (vecchi escrementi). I bambini venivano chiamati con questi nomi “temporanei” fino all’età di due o tre anni. Non venivano dati nomi permanenti quando nati. I loro nomi iniziali avevano significati che li associavano a “escrementi” o “cose vecchie” per allontanare il demone della cattiva salute e quindi garantire una migliore vita al bambino. Alcuni bambini poi venivano nominati in base al loro comportamento o alle loro abitudini. Altri bambini invece prendevano nome dopo eventi impressionanti o dai desideri dei genitori per il futuro dei loro bambini. I bambini nella tradizione Ainu non potevano avere lo stesso nome degli altri.
Gli uomini indossavano perizomi e avevano i capelli in ordine per la prima volta all’età di 15-16 anni. Le donne erano considerate adulte all’età di 15-16 anni, indossavano una biancheria intima chiamata “mour” e avevano i capelli ben ordinati e avvolti intorno ai loro corpi o a delle piccole cinte chiamate “raunkut” e “ponkut”. Quando le donne raggiungevano i 12-13 anni, le loro labbra, le mani e le braccia venivano di solito tatuate. Quando raggiungevano i 15-16 anni i loro tatuaggi venivano completati per poter dare loro la “qualifica” di adatte per il matrimonio.