Focilide di Mileto è stato un autore greco attivo nella seconda metà del VI secolo a.C.; di lui non si sa pressoché nulla, anche se sono giunti ad oggi ampi frammenti della sua opera. Scrisse infatti una raccolta di sentenze morali in esametri che risultano autografate dallo stesso autore con l’espressione ”kaì tode Phokylìdeo”, ”anche questo è di Focilide”. Da citare un frammento nel quale si fanno derivare ciascun tipo di donna da un animale particolare: la bella dal Cavallo, l’indifferente dal Maiale, l’operosa dall’Ape. Focilide compose anche un poemetto didattico di circa 230 esametri, forse spurio, e in realtà attribuibile all’Età_Alessandrina in quanto contenente precetti estratti dall’Antico Testamento e contrari all’etica greca; questo scritto ebbe comunque un grande successo nelle scuole dell’antichità.
Di seguito riportiamo le frasi più note attribuite a Focilide di Mileto; nel caso volessi aggiungerne qualcuna ti preghiamo di scrivere l’aggiunta in un commento alla fine della pagina.
Frasi di Focilide di Mileto
- “È con il lavoro che si paga la propria dignità umana.”
- Occorre un saggio per riconoscere un saggio.
- Conserva la moderazione, anche nei sacrifici che offri a Dio.
- “Nessuno può essere definito felice prima che sia morto.”
- “Non prendere decisioni fintanto che non hai ascoltato entrambe le parti.”
- “Entrambi sono ladri, sia chi ha ricevuto, sia chi ha rubato.”
Frammenti (poesie) di Focilide di Mileto
Di sotto puoi leggere i 4 frammenti più famosi scritti da questo poeta greco.
Convien nel banchetto vin bere e ribere
Prendendo in colloqui soave piacere.Di Focilide anch’esso è questo detto.
Da quattro cose sorse delle donne
La razza, altra dal cane, altra dall’ape,
Altra da torva troja ed altra in fine
Dal chiomato destriero. È questa infatti
Buona, svelta, massaia e nell’aspetto
Ottima inver; ma quella, che da troja
Venne, buona non è, neppur cattiva:
Quella poi, che dal cane, è triste e fiera:
Economa, gentil, laborïosa
È ben colei, che inizio ebbe dall’ape.
Amico, questa a dolce sposa invoca.Ogni opra poni a pingue campo intorno:
Dicon che d’Amaltea fu questo il corno.Dio prima, e poscia i genitori onora.
A ognun dà il giusto, e mai favor non entri
Nel tuo giudizio. Povertà deporre
Per l’ingiusto non dèi, nè giudicare
Dal volto, chè se mal giudicherai
Giudicherà te poscia Dio. Fallace
Testimonianza fuggi, e parla il giusto.
Casto ti serba, e sii fedele in tutto.
Fa con misura il giusto: in tutto è buono
Tener modo. Da parte la bilancia
Tu non tirar, ma la conserva pari.
Non spergiurare inconscio, nè volente.
L’eterno Dio qual che spergiuri abborre.
Non rapir semi; ha biasmo chi li toglie.
Dà mercede a quei ch’opra, il poverello
Non calpestar: mente alla lingua poni,
Occulta la parola entro al pensiero,
L’ingiusto fuggi, e l’impedisci altrui.
Dà tosto al mendicante, e non protrarre.
Commento alle frasi e alle poesie di Focilide
I versi di Focilide, a differenza di quelli di Teognide, sono in esametri e non in metro elegiaco, quindi probabilmente non venivano cantati col sottofondo del flauto, bensì recitati, e non singolarmente, ma in concatenazioni formate da più capitoli, ognuno introdotto da “καὶ τόδε Φωκυλίδεω”.
Secondo Martin L. West l’autore pensò fin dall’inizio alla sua opera come a un organismo unitario e inserì la formula “καὶ τόδε Φωκυλίδεω” all’inizio di ogni capitolo al fine di sottolineare che ognuno di essi era un’aggiunta (“καὶ τόδε”, “anche questo”) alla serie dei capitoli precedenti; la ripetizione della fonte della citazione (“Φωκυλίδεω”, “di Focilide”), tipica anche di altre raccolte di massime presso diversi popoli indoeuropei, serve a far notare quanto essa sia degna di fede, quindi a rendere più attendibili i consigli contenuti nelle massime stesse, anche se non è da escludersi che Focilide non fosse l’autore materiale dei componimenti, bensì un saggio il cui nome, garanzia di affidabilità, fu preso a prestito dall’autore dei medesimi – forse un saggio abitante di Mileto della prima metà del VI secolo a.C. che ben presto divenne proverbialeː infatti, a giudicare dai frammenti pervenuti, è probabile che il “καὶ τόδε Δημοδόκου” di Demodoco di Lero fosse una parodia di Focilide di Mileto.