La poesia “Chi” di “Il federale” si trova all’interno del film dal titolo omonimo “Il federale”, un film italiano del 1961 diretto da Luciano Salce, il film è stato coprodotto con la Francia; fu anche il primo lungometraggio di Ennio Morricone.
Di sotto puoi vedere la scena della poesia “Chi” nel film e un riassunto del contesto in cui appare nel film, assieme a un breve commento.
La poesia “Chi” appare a un certo punto del film (sotto la trama completa) dopo il pezzo in cui Bonafé legge un canto di Leopardi a Primo mentre cerca di riparare la sidecar che ormai l’ha lasciato a terra.
Questa è la poesia di Giacomo Leopardi che il professore si mette a leggere nel film:
A un vincitore nel pallone
Di gloria il viso e la gioconda voce,
Garzon bennato, apprendi,
E quanto al femminile ozio sovrasti
La sudata virtude. Attendi attendi,
Magnanimo campion (s’alla veloce
Piena degli anni il tuo valor contrasti
La spoglia di tuo nome), attendi e il core
Movi ad alto desio. Te l’echeggiante
Arena e il circo, e te fremendo appella
Ai fatti illustri il popolar favore;
Te rigoglioso dell’età novella
Oggi la patria cara
Gli antichi esempi a rinnovar prepara. …
Primo non rimane indifferente e recita la poesia Chi attribuendola al suo ex maestro Arcangelo Bardacci, presentandola come fosse una risposta al pari di un canto Leopardiano. Ecco il testo della poesia:
Chi
Chi sfidando la mitraglia
nel fragor della battaglia
all’assalto ci conduce:
e’ il mio Duce!
Chi tra fasci e bandiere
guida le camice nere
al trionfo del partito:
e’ Benito!
Chi sprezzando Francia e Albione
col germanico e il nippone
marcia verso altri destini:
e’ Mussolini!
Un altra scena interessante riguardo alla poesia e alla differenza culturale dei due avviene mentre poi sono sul mezzo dei tedeschi, che decidono di trainarli: nell’occasione Primo si fa passare il libretto da Bonafè e stacca una pagina per usarla come cartina per farsi una sigaretta, la pagina contiene la poesia ‘Il passero solitario‘ .
Il professore si fumerà poi Ad Angelo Mai definendola un’opera minore e quindi diciamo “sacrificabile”.
Il professore lo sentiremo poi in un altra parte del film recitare in parte L’infinito che probabilmente conosce a memoria.
L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Arcovaggi vorrebbe strappare una pagina dal libretto del prof. Bonafè per farsi una sigaretta, ma il professore glielo impedisce dicendo che ‘L’infinito’ non lo strapperà mai.
Commento alla poesia “Chi” di “Il federale”
La poesia “Chi” inserita nel film “Il federale” appartiene a un contesto di critica e di satira del regime fascista; nel film è facile capire dai tanti indizi lasciati nel film. Primo non ha mai letto un libro per interesse personale diverso da quelli propinati dalla propaganda fascista, ed è curioso il confronto che l’autore fa con il professore, che tuttavia si trova fisicamente messo da parte, pur essendo in molte fasi del film decisamente più “emergente” come personaggio e come elevatezza culturale; spesso il professore trova la soluzione ai problemi di Primo (a volte comuni con i suoi, come nel caso dell’imprigionamento da parte dei tedeschi) e preleva come figura di riferimento ma viene “rimesso” a tacere dalla minaccia della pistola di Primo. La parte della poesia “Chi” compara le rime del fascismo, diciamo ridotte a “filastrocche”, a quella che è la vera cultura italiana e la vera conoscenza, impossibile da raggiungere in una dittatura, o almeno di sicuro da applicare (la conoscenza va sempre in collisione con le dittature ed i regimi totalitari). Interessante notare la differenza tra una classe dirigente democratica e culturale e una classe “fascista” dove i valori anziché essere rappresentati dalle scienze e dalle lettere umanistiche sono rappresentati da banalità sul fisico come l’educazione fisica nel salto in alto e altre dimostrazioni di forza
La trama del film, oltre la poesia “Chi” di “Il federale”
Nel 1944 gran parte dell’Italia, inclusa Roma, era ancora governata dalla Wehrmacht. Il professor Bonafè, un intelligente umanista cristiano, è previsto come membro del futuro governo democratico, ma è ancora nelle grinfie dei fascisti. Il coprotagonista del film, “Primo”, interpretato da Alberto Sordi, è un fascista convinto, ma ancora appartenente ai ranghi medio-bassi del partito. Quando conduce un’azione per arrestare Bonafé, viene ingannato dal professore e questo fugge in Abruzzo. Riceve l’ordine di restituire il ricercato a Roma; in caso di successo, sarà promosso segretario provinciale (federale). Primo trova Bonafè facilmente nella sua residenza di campagna ed i due partono insieme (con Bonafé prigioniero di Primo) per il loro lungo viaggio verso Roma.
Il viaggio avventuroso li porta attraverso un’area contestata da alleati e tedeschi; i due vengono catturati dalla Wehrmacht e fuggono insieme, bombardati dai partigiani e bombardati da aerei americani. Ripetutamente, la giovane ladra Lisa incrocia il loro stesso percorso. Primo è impressionato dall’educazione e dalla cultura del professore, ma si aggrappa severamente ai suoi ideali fascisti che sono stati martellati a memoria nella sua mente durante il regime tramite l’educazione scolastica imposta in quell’ottica sin dall’infanzia. I due fanno una sosta nel viaggio per Roma dall’ex istruttore di Primo (che è l’autore della poesia “Chi” che appare nel film) “morto in Albania” secondo il racconto della sua famiglia. La verità è che l’ex istruttore si nasconde in soffitta e aspetta la fine della guerra. Poco prima di giungere a Roma, Primo e Bonafè incontrano ancora Lisa, che tra le altre cose rubate ha la divisa da segretario provinciale, che Primo si procura dal suo carro di merci; a questo punto Primo tutto bardato da alto gerarca fascista marcia orgogliosamente a Roma, sulle cui strade intanto sono in stanza soldati americani e partigiani di sinistra. Mentre gli alleati ridono di lui e pensano sia un comico/personaggio in cerca di denaro o risate i partigiani vendicativi lo prendono sul serio in quelle vesti e lo picchiano; si arriva al punto in cui vogliono sparargli, ma Bonafè con un po di astuzia, ormai probabilmente affezionatosi a Primo, lo salva lasciandolo fuggire; poco prima lascia lui degli abiti civili e gli dice: “Ora sei libero, anche se non vuoi essere!”