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“Succede ad Aleppo”– recensione libro di Domenico Quirico

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SUCCEDE AD ALEPPO

Domenico Quirico, Laterza, 2017, pagg. 130

Ho letto tanti testi che trattano di Storia, antica e moderna. Questo libro è più che un racconto giornalistico, anche se l’autore era un inviato de La Stampa. Già dalle prime pagine, vi ho trovato una vera e propria poesia prosastica, qualcosa che tocca il cuore nel più profondo. Per chi non è mai stato ad Aleppo, le tragiche notizie di quanto accaduto in questi ultimi anni, colpiscono da vicino, ma non così tanto da colpire nel più profondo chi ha potuto visitare Aleppo quando ancora esisteva in tutto il suo splendore e nella pace. Mi sento doppiamente ferita, perché ciò che ho visto non esiste più. Cancellato. Nel prologo, Quirico scrive: “Aleppo è tra il cielo e l’inferno… Quando vi arrivai, la prima volta aveva appena cominciato a cavar sangue alle sue vittime a patire la veglia lugubre del Tempo, a porre tutto in un colore di ombra che è tipico della nostra epoca: ed è il colore del riconoscibile dolore di ogni giorno, la vita come sappiamo che viene vissuta. Aleppo è insieme a Guernica e Stalingrado, Sarajevo e Grozny Ci vorrebbe il pennello di Dürer, e le sue apocalissi, la furia lugubre del Greco con i suoi cieli di agonia…” E collegandomi all’agonia, a pagina novantasei ho trovato questa emblematica descrizione: “L’agonia di Aleppo che non vogliamo vedere è un’agonia taciturna, testarda. Una lenta morte, una grigia morte. La lentezza di questa fine, il segreto della sua incredibile resistenza nel silenzio del mondo, opposta ad un nemico più forte e senza pietà, più che nelle armi, più che nel coraggio dei suoi combattenti, consiste nell’incredibile capacità di soffrire. La loro sopportazione dovrebbe stancare perfino il carnefice” Tutti abbiamo avuto occasione di vedere immagini di Aleppo distrutta, un mucchio di rovine grigie e polverose, che fosse durante qualche servizio giornalistico alla TV o sui giornali. Ma quel che descrive l’autore è molto diverso, lui che l’ha vissuto in prima linea, ne parla come avrebbe potuto farlo Edgar Lee Masters in una diversa Antologia di Spoon River. Quei morti, invece che trovarsi fantasmi in un Giardino degli Angeli, furono sepolti sotto le macerie della loro città. “Tutti, giovani e vecchi, uomini e donne, si trascinano dietro la paura come lo sporco attaccato alle scarpe” Questa emblematica espressione si ricollega ad una mia poesia dedicata proprio a ciò che succede in Siria. Ve la ripropongo:

Delicate suggestioni

(col cuore in Syria)

Danza scalza

Avvolta da impalpabili veli.

i piccoli piedi posati su intrecci

di tappeti afshar delicati.

Amuleti preziosi tintinnano

ai suoi polsi diafani

e cavigliere d’oro

come il pizzicar di cembali.

Profumi d’oriente

ambra, nardo e sandalo

aleggiano nell’aria dolce

della sera aleppina.

Danza scalza

Come sospesa in un cielo

di cobalto, ora come allora

in un assoluto incanto.

Sultani dai volti estatici

con cenni d’assenso

l’incitano a volteggiare

mentre bruciano incenso.

Danza scalza

Rapita dal loro sguardo

di diopside stellato

li asseconda smarrita.

Il sogno d’improvviso si dissolve

coi piedi insanguinati s’incammina

lungo le vie di Haleb devastata

dalla feroce guerra intestina.

Danila Oppio


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